Vera pelle e sostenibilità

La vera pelle è sostenibile, riciclabile e artigianale: tre fattori che la rendono senza dubbio di una qualità superiore.
Nel nostro paese la legislazione è molto severa riguardo la concia dei pellami e quasi tutta la pelle prodotta rientra nella definizione di ecopelle. 
Dato che la parte più dannosa per l’ambiente deriva dai sistemi di concia, nella maggior parte dei sistemi conciari italiani vengono utilizzati impianti di purificazioni dell’acqua che, con le dovute certificazioni, rendono le pelli conciate in questi stabilimenti classificabili come “ecopelle”, a bassissimo impatto ambientale.

Molto importante, affinché la pelle sia “sostenibile”, la scelta delle materie prime: la pelle può derivare da bestiame italiano, europeo o estero (e quindi soggetto a diverse legislazioni sulle condizioni degli animali in allevamento). Può derivare dalla trasformazione di un rifiuto dell’industria della carne e/o del latte e quindi essere una soluzione ambientalmente sostenibile ad un reale problema di smaltimento di elevate quantità di spoglie animali che si originano dall’industria della carne, oppure può provenire da allevamenti specifici di animali da pelliccia, che risultano ovviamente molto meno etici.

Concia

Parliamo di concia, il trattamento a cui vengono sottoposte le pelli al fine di conservarle e lavorarle. Ne esistono svariati tipi:

  • Concia al cromo, fondata sulla capacità del cromo trivalente di formare complessi con i gruppi carbossilici del collagene (di cui sono costituite le fibre della pelle), è il tipo di concia di gran lunga più diffuso (80-90% dei prodotti mondiali). La concia al cromo è relativamente semplice da eseguire, economica, piuttosto rapida e flessibile.
    La durata della concia al cromo è di 3-6 ore per pelli piccole e sottili fino a un massimo di 20-24 ore per pelli bovine pesanti; al termine della concia la pelle si presenta di colore verde-azzurro (detto “wet-blue”).
    La ragione principale per la crescita della richiesta di conce alternative è la scarsa immagine del cromo e conseguentemente delle pelli conciate con tale metallo. Questo concetto ha la sua origine nel dichiarato impatto ambientale del cromo trivalente nelle “emissioni conciarie” (scarichi idrici, residui solidi, ecc.) e nella sua potenziale trasformazione nei residui solidi conciati e nei fanghi. Un altro inconveniente che deriva dalla concia al cromo è rappresentato dallo smaltimento degli scarti di lavorazione, quali la rasatura, la smerigliatura e la rifilatura: il loro eventuale incenerimento può provocare l’ossidazione del cromo trivalente a cromo esavalente, mentre lo smaltimento di tali residui in discarica oppure il loro riutilizzo è legato anche al concetto di riciclabilità e biodegradabilità.
  • Concia al vegetale o con tannini vegetali è la concia più antica e esiste fin dalla Preistoria, quando l’uomo capì che per lavorare facilmente la pelle era necessario intingerla in una soluzione solubile che la trasformasse in cuoio: i tannini vegetali, ricavati principalmente da alberi di betulla, quercia, quebracho e castagno; essi rendono la pelle inossidabile e immune al passare del tempo, tanto che la pelle invecchia ma non si rovina mai, anzi “prende carattere”.
    I tannini sono i responsabili dei particolari colori e aromi della pelle, che differiscono a seconda della pelle e rendono ogni pezzo unico nel suo genere, che a fine lavorazione contraddistingue anche il prodotto completo. Si tratta di polifenoli, sostanze antiossidanti che aiutano a preservare i tessuti.
    Le quantità di tannini utilizzati sono notevolmente superiori a quelle indicate per la concia al cromo, variando dal 15-20% per pelli piccole destinate a fodera o piccola pelletteria, al 40-50% per cuoi suola pesante.
    Importante sottolineare che, una volta terminata l’estrazione, il legno può essere riciclato e destinato a centrali termiche oppure viene trasformato in pellet per stufe.
    Le pelli ottenute dalla concia al vegetale sono ipoallergeniche e traspiranti.
  • Nell’ambito delle conce minerali esistono anche la concia all’alluminio, allo zirconio e al titanio. Danno un cuoio bianco, più utile per tinture in toni molto chiari o pastello. Hanno una reattività nei confronti dei coloranti molto alta che talvolta deve essere attenuata con mezzi chimici per ottenere una tintura uniforme e profonda. Sono in genere meno soffici e morbidi di quelli al cromo per cui richiedono trattamenti post-concia di ingrasso particolari.
  • Esistono poi molte conce definite organiche, che utilizzano come agenti concianti sostanze organiche prevalentemente di sintesi: aldeidi, tannini sintetici, solfocloruri, resine (polimeri sintetici) e olio (effettuata con olio di pesce).

Le conce che non utilizzano cromo sono anche dette chrome-free mentre le conce senza impiego di composti di metallo sono dette metal-free.

Come nasce la vera pelle artigianale

Attualmente si cerca sempre più di limitare l’impatto ambientale dei processi di concia e la vera pelle viene trattata col giusto rispetto fin dal principio.
La pelle utilizzata, infatti, è in maggioranza quella dei bovini destinati all’industria alimentare e nessun animale è quindi abbattuto unicamente per la concia.

Da qualche anno a questa parte, sono state attuate soluzioni interessanti anche per la riduzione dell’impatto ambientale sia per la concia al cromo che per quella vegetale.

Per quanto riguarda la prima, le aziende consegnano all’impianto consortile i bagni esausti della fase di concia al cromo trivalente: dopo lo stoccaggio in appositi serbatoi, il solfato di cromo recuperato viene riconsegnato alle imprese – in proporzione alle quantità consegnate – che lo riciclano ottenendo un risparmio energetico, economico e ambientale.

Un’alternativa al recupero è l’utilizzo di concianti al cromo ad alto esaurimento che garantiscono gli stessi risultati di quelli tradizionali con dosaggi minori. Se nella concia convenzionale vengono rilasciati nei bagni esausti 2-5 kg di sali di cromo per ogni tonnellata di pelli grezze bovine, con la concia al cromo ad alto esaurimento si arriva a 0,05-0,1 kg per tonnellata di pelli grezze bovine: una quantità così esigua da non dover essere recuperata.

Per quanto riguarda invece la concia al vegetale, per la produzione di cuoi da suola e pelle sono state sperimentate tecniche di ultrafiltrazione dei bagni di concia, che consentono di recuperare i tannini non fissati alle pelli, evitando che siano convogliati negli scarichi idrici e consentendone in parte il riutilizzo.

È da tener presente che l’industria conciaria italiana è prevalentemente strutturata in poli conciari; questo tipo di accentramento permette di affrontare in maniera razionale e mirata alcune delle problematiche ambientali legate alla lavorazione della pelle.
Ad esempio per far fronte alla domanda di disinquinamento delle acque è stata favorita, a partire dagli anni ’70, la costruzione di impianti di depurazione centralizzati di tipo consortile specializzati nel trattamento di acque a prevalente origine conciaria (questi impianti trattano, in genere, anche percentuali minori di effluenti urbani).
Per quanto concerne i rifiuti come ad esempio il carniccio, la rasatura e i ritagli di pelle (residui solidi specifici della lavorazione conciaria) essi vengono adeguatamente gestiti e valorizzati per la produzione ad esempio di fertilizzanti o di laterizi per il settore edile. Inoltre, mediante un impianto centralizzato, può essere effettuato il recupero del cromo trivalente: opportuni trattamenti dei liquidi di concia al cromo esausti consentono il riciclo di tale conciante nel processo produttivo.

Importante menzionare, in questo ambito, la Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli e delle materie concianti (SSIP) Istituita a Napoli per Regio Decreto nel 1885, che opera a supporto di tutte le aziende italiane del settore conciario con attività di ricerca e sviluppo, formazione, certificazione di prodotti e processi, analisi, controlli e consulenza. La mission della stazione sperimentale è sviluppare e promuovere l’innovazione di processo, di prodotto e dei servizi dell’industria conciaria, al fine di migliorare la capacità competitiva a livello internazionale per qualità della produzione, sviluppo tecnologico e sostenibilità ambientale.
Alla sede napoletana si aggiungono le diverse sedi ed uffici distaccati, presenti sul territorio nazionale, nelle aree di maggiore interesse per la filiera conciaria, tra cui anche il toscano Distretto Industriale di Santa Croce sull’Arno.
Nel Distretto di Santa Croce l’arte della concia storica è cresciuta fino a diventare il modello di riferimento per il settore, a livello nazionale e internazionale. Si tratta di un raro e virtuoso esempio di economia-circolare, modello di un’impresa che coniugando utile e salvaguardia dell’ambiente coinvolge i conciatori in un processo imprenditoriale in grado di competere con i più sofisticati e avanzati sistemi industriali del mondo.

Un’importante specifica: cos’è l’Ecopelle

Nei primi anni novanta, fu coniata la parola Ecopelle per definire un materiale artificiale dall’aspetto simile alla pelle ma prodotto con polimeri sintetici derivati dal petrolio. Questo termine è stato poi assegnato alla produzione di vera pelle lavorata nel rispetto dell’ambiente: l’ecopelle è ecofriendly, perché la sua lavorazione rispetta le norme di un protocollo a basso impatto ambientale stabilito dalla norma Uni 11427-2015 “Cuoio – Criteri per la definizione delle caratteristiche di prestazione di cuoi a ridotto impatto ambientale” risalente al marzo del 2015.
Perciò non è possibile parlare di eco-pelle se non è pelle di origine animale lavorata in modo rispettoso dell’ambiente.

La finta pelle (o similpelle o vinilpelle) è invece una pelle sintetica e può essere un tessuto impregnato/spalmato con resine poliuretaniche o del tutto sintetico (senza supporto in tessuto), che può avere un aspetto simile alla pelle naturale o al cuoio.

In termini di sostenibilità: l’ecopelle è biodegradabile, si decompone a contatto con la terra; la similpelle è invece in gran parte un derivato del petrolio e quindi impattante in modo notevole sull’ambiente (a meno che non si tratti di polimeri riciclati).

Vi è piaciuto l’articolo? Per sapere come riconoscere la vera pelle da quella finta, leggete a riguardo sul nostro blog: https://www.romitileather1947.com/come-riconoscere-la-vera-pelle-e-distinguerla-da-quella-finta-o-sintetica/

Fonti:

https://ssip.it/chi-siamo/

https://www.distrettosantacroce.it/

https://www.ragioniamoconipiedi.it/it/blog/tannini-cosa-sono-proprieta-caratteristiche

https://www.italiapelle.com/concia-pelle-vegetale/#:~:text=La%20concia%20al%20vegetale%20%C3%A8,Galla%20%2C%20Sommacco%20ecc.).

https://www.italiapelle.com/ecopelle-vera-pelle-finta/

https://it.wikipedia.org/wiki/Finta_pelle

https://www.lecopost.it/vivere-green/ecopelle-sostenibilita/

https://ilblogdellasci.wordpress.com/2016/09/19/la-sostenibilita-ambientale-del-cuoio/#:~:text=La%20problematica%20ambientale%20della%20concia%20al%20cromo&text=In%20pratica%20la%20presenza%20di,quale%20fonte%20di%20grave%20inquinamento.

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